Flavia Pennetta: Dritto al Cuore


Il mio primo ricordo di Flavia Pennetta risale al 2005 quando mi sono ritrovata sul suo stesso aereo in ritorno dalla Spagna. Solo un posto ci separava: io avrei voluto andare lì, parlarle e chiederle tante cose; ma la mia timidezza mi aveva inchiodato sul mio sedile. All'epoca Flavia non era ancora la giocatrice da top ten che sarebbe stata pochi anni dopo – la prima italiana a riuscirci; non era ancora la giocatrice che avrebbe vinto il Master di doppio nel 2009, né tanto meno la donna che avrebbe poi raccontato la sua vita e le sue emozioni sui campi da tennis nel libro “Dritto al Cuore”. Ed è proprio leggendo il suo libro che ho trovato la forza di seguire un mio sogno e farle tutte quelle domande che non riuscii a rivolgerle quel giorno: in fondo, come dice lei stessa “non provarci sarebbe come ammettere una sconfitta, e a 30 anni non sono ancora pronta”. 

Ed essendo io una appassionata di tennis, la prima domanda non può che riguardare la relazione di Flavia con il suo sport: “Del tennis mi piace la competizione, l’adrenalina che provo quando mi sento padrona del campo, di me e del mio gioco. Mi piace la terra rossa sotto i piedi che sporca le mie scarpe. Sinceramente, mi piace ogni aspetto, l’ambiente e le persone con cui condivido i momenti migliori. Il tennis, da quando ero bambina, mi infonde sempre nuovi stimoli e motivazioni. E soprattutto mi diverte. Non riesco mai a rimanere lontana dal campo per troppo tempo”. Come ha vissuto quindi questi mesi che l'hanno vista fuori dalle competizioni dopo un'operazione al polso? “Purtroppo gli infortuni capitano, ma non bisogna mai perdersi d’animo e seguire le indicazioni di un fisioterapista e di uno specialista. Questo è indispensabile per rimettermi prima possibile e tornare in campo. Non bisogna mai forzare perché la tentazione è quella di continuare a giocare. E’ chiaro che c’è un po’ di rabbia e di delusione quando ti capita un infortunio che non ti permette di giocare e di poterti esprimere al meglio, ma la cosa migliore è reagire positivamente e non farsi prendere dal nervosismo. Soprattutto bisogna avere molta pazienza. Io in questo periodo ne ho avuta molta e credo proprio porterà i suoi frutti”. In uno sport come il tennis, infatti, dove si può contare solo sulle proprie forze è importante essere al meglio, non solo fisicamente ma anche mentalmente: “Mi aiutano al raggiungimento dei risultati un fisioterapista, un medico generico e uno psicologo, con il quale preparo ogni singolo match: anche se non mi segue sempre nei miei viaggi, parliamo spesso al telefono, anche quando sono a casa”. La paura più grande di Flavia è infatti quella di non riuscire a dare il meglio: “ il peggior avversario di me stessa sono io, perché quando non riesco a dare il massimo, di solito, mi carico totalmente la responsabilità del risultato. Sono una perfezionista e la mia più grande paura è quella di non essere in grado di dare il meglio, specialmente quando sono preparata al 100%”. 

Il tennis è infatti uno degli sport più individualisti in assoluto e in campo, contro l'avversario, è importante non lasciarsi trasportare dai propri pensieri e dalle proprie paure:quando scendo in campo sono talmente concentrata che non ho pensieri e, ad un certo punto mi sembra di essere completamente sola. Sono focalizzata sul mio gioco che studio prima di ogni partita. Il gioco dell’avversario è fondamentale, ma parto sempre da me. Nella nostra routine, abbiamo la necessità di affidarci a delle regole, a dei ritmi di preparazione, allenamenti, e trovare sempre il giusto equilibrio tra la parte fisica e quella mentale. Ma siamo delle persone comuni con le nostre fragilità e le nostre emozioni. Non si può misurare, ad esempio, la gioia che ricevo quando ogni giorno sento il calore della gente che mi segue. Altra cosa invece è la paura di lasciarsi andare e perdere il controllo. Ho certamente i miei dubbi e paure come tutti, ma ora mi sento più forte di prima. Forse proprio perché ho passato e vinto molte battaglie, ed ora sono un po’ più stabile e riesco a gestire meglio le emozioni”. Da quel lontano 2005, Flavia ne ha davvero vinte tante di battaglie, alcune memorabili nelle storia del tennis italiano come le vittorie in Fed Cup che hanno permesso al tennis femminile italiano di salire sul tetto del mondo nella competizione a squadre per ben tre volte (2006, 2009 e 2010). E Flavia, assieme a Francesca Schiavone, Sara Errani, Roberta Vinci e Mara Santangelo ha scritto le pagine più belle per i nostri colori. Ma come si vive questo dualismo nell'essere in squadra con delle proprie avversarie di singolare? “Quando giochiamo l’una contro l’altra siamo avversarie e vogliamo vincere, certo; ma quando siamo in squadra mettiamo la nostra grinta al servizio di un obiettivo comune. Per partecipare alla Fed Cup e vincere è fondamentale creare uno spirito di squadra e per questo è stato importante il nostro coach Barazzutti, che ha fatto da perfetto collante tra noi. Il gruppo si crea dalla motivazione e noi ne abbiamo davvero molta. Ma no saprei davvero scegliere tra singolo o doppio: mi divertono e mi entusiasmano entrambi, anche se sono due modi diversi di giocare”. Una cosa accomuna però il doppio e il singolare: gli applausi dei tifosi, i sorrisi, le lacrime, il sudore per raggiungere la vittoria: “di applausi che mi hanno emozionato ce ne sono talmente tanti che è molto difficile elencarli tutti! Ricordo con grande affetto quello lunghissimo che ho ricevuto quando ho battuto la Mauresmo in Fed Cup, quello dopo i sei match point annullati a Vera Zvonareva a New York, e quello ancora ricevuto per la bellissima vittoria a Los Angeles contro la Stosur. Il sorriso più bello invece è quello dei bambini: in ogni torneo, è quello che mi rimane più nella mente, perché loro sono contenti di poter avvicinare anche solo per un attimo la loro beniamina. E il sorriso più bello è quello che io faccio a loro perché mi riempie di gioia vedere dei piccoli appassionati dello sport che io amo”. 

In fondo, come Flavia stessa racconta nel suo libro, le vittorie sono importanti ma “i numeri non parlano. Non dicono degli applausi, dei sorrisi, della paura di lasciarsi andare, di concedersi di essere troppo felici e di perdere il controllo. L'abitudine alla vittoria è un rischio, crea dipendenza, va maneggiata con cura”: “Quando sei molto focalizzata sull’obiettivo e sei al massimo” - mi spiega Flavia - “la vittoria può creare una sorta di dipendenza perché ovviamente il desiderio di continuare a vincere ti carica ed infonde energie positive. Dipende comunque sempre dal tipo di approccio che hai. Può diventare “pericoloso” il fatto di pensare solo alla vittoria e non essere focalizzati su quello che ti far star bene, lasciandoti solo trasportare dal puro e semplice desiderio di vincere”. Cosa è che la far star bene allora? “Sono molto grintosa, se voglio qualcosa faccio di tutto per ottenerlo e sono anche una sognatrice perché mi piace seguire i miei desideri e quello che mi rende felice. Nella vita, in generale, mi piace lottare e mettermi sempre alla prova. E poi sono innamorata della vita e del mio lavoro”. L'amore: nel suo libro Flavia dà molto spazio alle sue relazioni sentimentali narrandone il bello e il brutto, la felicità e la sofferenza. Incuriosita le chiedo quindi quanto queste “pene d'amore” possano influire sul rendimento in uno sport come il tennis in cui “gestire le proprie emozioni” è davvero importante: “ Direi che il tennis non c’entra. Nessuno dovrebbe mai farsi prendere troppo da una relazione soprattutto, quando questa è problematica e ci fa soffrire. Ho imparato a pensare più a me e a non annullarmi per nessuno. L’amore non è annullarsi ma crescere e migliorare insieme”.

In particolare, la sua storia con il tennista spagnolo Carlos Moya ha suscitato un grande interesse da parte della stampa che l'ha anche incoronata una delle tenniste più sexy dell'intero circuito, ma Flavia sembra non farci troppo caso: “Certo se sei carina e brava questo può essere un punto in più a tuo favore, ma se non sei brava la bellezza non influisce. Naturalmente mi fa piacere e mi diverte essere ammirata, ma devo dire che le due cose nel mio caso sono sempre andate di pari passo. Non saprei dire quanto la bellezza abbia influito sulla mia popolarità o su quella del mio sport: a livello personale, hanno significato di più i grandi successi raggiunti, la grinta e i sacrifici fatti e che tutti hanno sempre potuto seguire; e lo stesso si può dire per tutto il movimento del tennis femminile. Per questo se dovessi dare un consiglio al mondo della pallavolo , direi solo di continuare a portare successi. Il resto dovrà farlo la Federazione che ha una grande fetta di responsabilità come in tutti gli altri sport nell’aumentare le fila del movimento e contribuire alla sua promozione e diffusione”. Indubbio è però che la bellezza delle protagoniste di entrambi gli sport può sicuramente aiutare a promuoverli: non è un caso che spesso le atlete vengano immortalate anche in copertine dalle pose ammiccanti. La domanda sorge quasi spontanea: Flavia farebbe mai un calendario sexy? “Dirò qualcosa di banale forse ma per me è vero che l’essere sexy è più una questione interiore, di sguardi, di atteggiamenti, piuttosto che mostrarsi senza veli. Quindi no”. 

Il calendario non rientra quindi nei sogni di Flavia che però sembra averne davvero tanti: “vorrei, vorrei,vorrei. Continuo a volere tutto: voglio un amore sconfinato” -conclude nel suo libro - “voglio fare bene il mio lavoro, voglio lasciare un segno; voglio il sogno tutto intero, da mordere ed abbracciare”. E che sia per un'altra vittoria, per un altro applauso o per un altro sorriso, Flavia continuerà a vivere la sua vita e ad affrontare ogni sfida con la solita grinta, passione e amore. E io cosa vorrei? Vorrei tornare su quell'aereo; alzarmi dal mio posto, salutarla e stringerle la mano e anche io vivere così il mio sogno tutto intero. 

L'articolo originale è pubblicato sul numero di novembre 2012 di Pallavoliamo.it

Commenti

  1. Grazie a Developersnippets per aver ripreso sul suo blog il mio articolo http://www.tech.developersnippets.com/topstories/Flavia+Pennetta/page/2

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