Desi Wilson

Quando ho incontrato Desi per la prima volta, Urbino aveva appena vinto la sua prima storica Cev Cup. Non ricordo con precisione come sia iniziata la nostra conversazione. Quello che ricordo è invece la mia sorpresa nel vedere che la persona che avevo davanti era completamente diversa da come me l'ero immaginata vedendola giocare solo alcuni minuti prima: “É vero. Dentro e fuori il campo sono molto diversa. Mentre gioco sono seria, concentrata e persino aggressiva. Fuori invece non mi prendo molto sul serio, amo scherzare e sono una persona molto espansiva. La parola che forse mi descrive meglio fuori dai campi è “pazza”...ma non in senso negativo. Quando parlo faccio molte battute, e, mi dispiace ammetterlo, dico troppe parolacce”.

Quando Desi parla è impossibile non essere trascinati dalla sua allegria, dalla sua energia e da quella solarità che è facile associare con la terra natale della giocatrice: le isole Figi. “Sono nata nelle Figi e parlo perfettamente la lingua locale. Makare, il mio vero nome, significa “acqua chiara. Tutti però mi conoscono con il nome di Desi, l'abbreviazione di Desilet, il mio cognome da nubile. Parte della mia famiglia è ancora nelle Figi e lì tutti mi conoscono perché al momento sono l'unica giocatrice professionista. Quello che mi manca di più della mia terra è il cibo. Mi piace tanto mangiare” racconta Desi ridendo. “La cucina locale è difficile da spiegare, perché mangiamo un po' di tutto. Diciamo che è completamente differente da qualsiasi cosa che avete voi qui in Italia: gli ingredienti sono pressoché gli stessi – carne, pesce, verdure - ma usiamo delle tecniche di preparazione e di cottura molto diverse. Nei nostri piatti per esempio usiamo molto curry – che io adoro: è un'influenza della cucina indiana. Inoltre, adoro il “Lovo” che è un particolare modo di cucinare il cibo. Nelle lingua locale “Lovo” vuol dire “forno a terra”: il concetto base è infatti sotterrare il cibo e sfruttare il calore del fuoco. Si scava una fossa e si riempe di pietre. Dopo aver acceso il fuoco e lasciato riscaldare le pietre, si può cuocere qualsiasi tipo di cibo che normalmente viene avvolto in foglie; infine il tutto viene coperto con dei panni e si lascia cuocere per diverse ore. L'unico inconveniente è proprio il tempo: a volte servono anche quattro ore. Ma puoi utilizzare il “Lovo” ovunque...a pensarci bene lo potrei fare anche qui ad Urbino se non fosse freddo”. Il legame con la sua terra, le sue tradizioni e la sua lingua è ancora molto forte: “Il nome di mia figlia è Wakaya, lo stesso di una piccola isola delle Figi. Mio padre mi ci portava in vacanza assieme a mio fratello quando eravamo piccoli e sono sempre stata affascinata da quel luogo. Ora è in gestione ad alcuni amici di famiglia ed è diventato un posto molto esclusivo dove vanno in vacanza le star del cinema: una volta è venuto Pierce Brosnam. Inoltre cercavo un nome esotico per la mia piccola, un nome speciale per una persona unica....non è un nome “normale”, ma anche mia figlia non lo è e quindi è il nome adatto a lei”.

Ora Wakaya ha otto anni e vive in California: Desi torna a casa ogni estate, ma le manca tantissimo sua figlia: “la distanza è difficile da sopportare per entrambe. Io cerco di non pensarci troppo, altrimenti non sarei capace di concentrarmi sul mio lavoro. Penso che sia necessario non lasciarsi trasportare troppo dalla mancanza. Inoltre ci sentiamo molto spesso tramite Skype: ora che è più grande re iesce ad esprimere i suoi sentimenti e i suoi pensieri è anche più bello poter parlare con lei. Ogni tanto penso che sia giunto il momento di smettere di giocare e di guardare lei scendere in campo! Al momento non la sto spingendo verso nessuno sport in particolare: ha otto anni e deve fare ciò che le piace fare”. Ma sembra proprio che la piccola Wakaya stia già seguendo, a modo suo, le orme della madre: “Mia madre era una giocatrice di volley e ha giocato per la nazionale delle Figi. Anche io ho iniziato a giocare lì: sono cresciuta sui campi da pallavolo anche perché seguivo mia madre agli allenamenti e durante le partite. Ero sempre intorno a lei: piangevo, mi aggrappavo alle sue gambe e chiedevo continuamente quando potevamo tornare a casa. Le ripetevo sempre che ne avevo abbastanza della pallavolo! É una cosa buffa vedere che ora mia figlia fa le stesse cose con me: ora è Wakaya, infatti, che entra in campo e piange perché vuole andare a casa o perché è stanca. Quando avevo la sua età, nessuno mi ha spinto a giocare: ho provato altri sport tra cui la corsa, il nuoto e la pallacanestro. La pallavolo è stato uno sport che mi riusciva facile e quando ho iniziato a giocare non sono riuscita più a smettere. Il volley ce l'ho nel sangue ed è uno sport che amo fare”.

Se la pallavolo era scritta nel DNA di Desi grazie alla madre, c'è un'altra persona che ha avuto un ruolo centrale nella carriera della futura centrale della Chateau D'Ax Urbino. “Oltre mia madre, l'altra persona che mi sento di ringraziare è il mio patrigno. Certo, ogni allenatore mi ha influenzato in una maniera o nell'altra, ma senza di lui forse non sarei mai diventata una giocatrice professionista.Con la situazione che all'epoca avevamo nella mia famiglia, è fantastico come questa persona sia riuscita ad entrare nelle nostre dinamiche e non solo stare vicino ad una donna ma crescere anche le sue due figlie. Lui mi ha sempre dato il suo supporto, mi ha portato agli allenamenti, alle partite, ed è stato grazie a lui se sono riuscita andare a giocare all'Università di Washington. Ma soprattutto, è stato lui che mi ha insegnato i valori dello sport e la disciplina. Gli devo molto”. Così, nel 1994, all'età di 18 anni, Desi lascia le bellissime coste delle isole Figi, per arrivare nel freddo Canada. “Mi hanno offerto una borsa si studio per la Washington University. Sono stata molto fortunata perché è qui che ho imparato a giocare a volley a livello professionale. Poi sono stata convocata dalla nazionale. Giocare per il tuo paese è sempre un grande onore, ma l'unico problema è stato che mi hanno schierato in posto quattro e non centrale. Non mi so davvero spiegare il perché: non avevo mai giocato in quella posizione. Forse pensavano che saltando molto, avrei potuto essere perfetta in quel ruolo: sfortunatamente ho scoperto sulla mia pelle che saltare non è l'unica capacità che una schiacciatrice deve avere”.

Con il suo spirito positivo, però, Desi ha fatto buon viso a cattivo gioco: “giocare in quella posizione mi ha aiutato a diventare una giocatrice più versatile”. Così, dopo due anni nella nazionale a stelle e strisce, l'atleta delle Figi si trasferisce a Reggio Emilia per giocare nella sua prima stagione da professionista. “L'Italia aveva molto da offrirmi, sia dal punto di vista professionale che da quello culturale e storico. Per non parlare poi del cibo. Lo staff di Urbino non fa altro che parlare di quanto sia buona la cucina italiana: ne parlano costantemente. É una cosa buffa ma assolutamente vera”. Nel 2001, tuttavia, Desi decide di prendersi una pausa di due anni: “Ho deciso di smettere perché nel frattempo mi ero sposata ed avevo appena avuto mia figlia, quindi non potevo stare troppo tempo via da casa. In quel periodo una mia cara amica, Tyra Turner, aveva iniziato a giocare a beachvolley e aveva bisogno di una compagna. Quando me l'ha proposto ho accettato perché avrei avuto la possibilità di giocare e rimanere negli Stati Uniti. Abbiamo ottenuto anche dei risultati molto positivi sia nel tour professionale americano (AVP) che nel tour internazionale”.Il ritorno di Desi alla pallavolo indoor arriva nel 2008, quando l'atleta delle Figi approda in Turchia al Telekom Ankara: “la Turchia mi è piaciuta moltissimo soprattutto perché mi ha riservato tante sorprese. Normalmente, le persone hanno paura della cultura musulmana, soprattutto gli americani. Ero quindi un po' prevenuta. Ma quando sono arrivata mi sono trovata davvero bene: le persone sono molto socievoli e non sono come me le ero immaginate. Lo stile di vita turco è molto occidentalizzato, ma non c'è quella grande divisione tra ricchi e poveri”. La stagione successiva vede Desi nella fredda Russia: “ogni cultura è molto differente. Per me giocare in posti sempre diversi è un'esperienza unica dato che amo viaggiare ed entrare in contatto con lingue e culture diverse. Certo ci sono pro e contro, ma le mie esperienze in Turchia e in Russia sono state fantastiche. La squadra russa per la quale giocavo era in Siberia, a 30 chilometri dal confine con la Cina. A parte il freddo però, sono stata fortunata perché ero in una grande società con delle compagne davvero uniche; all'inizio non potevo credere a quanto fossero grandi queste ragazze. Ci deve essere qualcosa nella Vodka che bevono”.

Finalmente, nel 2009, il centrale delle Figi ritorna in Italia, questa volta nella formazione della Spes Conegliano. “Quella stagione è stata terribile, non solo per me ma anche per la società. Ê stata una situazione alquanto sfortunata anche perché sulla carta eravamo una buona squadra...certo non così forte da vincere il campionato, ma non così scarsa da arrivare ultima. Dopo una stagione così negativa, l'unica cosa che un'atleta può fare è lasciarsi tutto alle spalle e sperare che la stagione successiva vada meglio”. E le speranze di Desi sono state ampiamente soddisfatte quando durante l'estate Urbino l'ha contatta per rivestire il ruolo di centrale titolare nella sua formazione: “quando Urbino mi ha contatta all'inizio sono rimasta scioccata. Dopo la scorsa stagione, infatti, non pensavo che nessuna squadra di serie A mi avesse cercata. Inoltre, Conegliano era stata la mia prima stagione in Italia dopo che me ne ero andata nel 2001; avevo giocato in Russia e in Turchia e quindi nessuno in Italia mi conosceva bene. Non pensavo di poter avere un'altra possibilità: invece Urbino me l'ha data e per questo sono molto riconoscente a questa società. Amo la mia squadra e non potrei dire mai abbastanza bene dello staff che ogni giorno lavora con noi”. Sotto la guida di coach Salvagni, l'atleta delle Figi ha trovato la giusta atmosfera per rilanciare la sua carriera e di scrivere insieme alle sue compagne un capitolo storico per il club bianco-nero: “Già vincere due partite di fila, rispetto alla scorsa stagione, per era un sogno. I miei amici e i miei familiari mi prendevano in giro all'inizio: “wow, hai vinto quattro partite...ora puoi anche smettere di giocare!”Giocare la Cev Cup e vincerla subito al primo anno è semplicemente fantastico. Sono davvero molto contenta per la mia squadra e il mio club”. L'apice di questa stagione per la squadra feltresca è stata certamente la vittoria nella competizione europea, ma anche in campionato le ragazze di coach Salvagni hanno dimostrato di potersela giocare anche con le più forti. Qual'è allora il segreto di questo strabiliante successo? “Non c'è nessun segreto. Siamo semplicemente un mix perfetto di ragazze, proprio come un puzzle nel quale ogni pezzo si unisce alla perfezione con gli altri. Non ci sono stelle: ognuna sa qual'è il suo ruolo ed è contenta. Lavoriamo bene insieme”. Dopo averla vista giocare durante la partita contro Mosca, l'impressione è quella che Desi sia uno dei leader della squadra, ma il centrale della Chateau D'Ax la pensa diversamente: “Non so se ho un ruolo nella mia formazione: ogni mia compagna può vedere in me qualcosa di diverso. Io penso solo a mettere in pratica quello che il mio allenatore mi chiede di fare. Cerco di dare il meglio in ogni partita, se poi ho un'influenza positiva sulle mie compagne ne sono felice”.

La sua determinazione d'acciaio e il giusto ambiente sportivo hanno fatto sì che Desi, a poche giornate dalla fine del campionato, si laureasse la miglior centrale del nostro campionato: 232 punti in 19 partite e 54 muri sono il bottino delle giocatrice trentaquattrenne. E la stagione non è ancora finita: “Direi che ora il mio punto di forza è il muro. Sono migliorata molto in questo fondamentale . Dall'altro lato però sento che ho ancora molto su cui lavorare: per il me il ruolo di centrale è un ruolo relativamente nuovo. Ho iniziato lo scorso anno e quindi ci sono ancora dei movimenti e dei passi che devo migliorare soprattutto quelli che il centrale gioca dietro la propria alzatrice”. Una lezione d'umiltà e di professionalità per tutti coloro che possono pensare che dopo tanti anni un'atleta abbia imparato tutto. E diciamo che un pensiero del genere non stupisce se si pensa che l'ultimo libro che questa giocatrice ha letto è stato “Guerra e Pace” di Tolstoj: “Durante il mio tempo libero mi piace leggere. Leggo di tutto anche se i miei preferiti sono i classici. Ho appena finito di leggere “Guerra e Pace”, e lasciatemelo dire, non è una lettura leggera! Mi sono lasciata convincere dato che tutti parlavano di questo libro e mi sono detta “vediamo com'è”...non oserò più pormi una domanda del genere!”.

Ma la pallavolo e la lettura non sono gli unici due interessi di questa giocatrice. Come l'acqua riesce a penetrare anche nelle più piccole fessure ed è sempre in movimento, allo stesso modo Makare vive la sua vita e vede il suo futuro: “per quel che riguarda la pallavolo penso che giocherò per altri due anni – anche se in realtà sono ormai cinque anni che faccio questo discorso. Voglio smettere di giocare quando ancora sono al top e non aspettare di toccare il fondo della mia carriera. Il mio desiderio più grande è quello di poterlo fare in un club con cui ho una buona relazione. A livello personale, vorrei intraprendere una nuova strada, possibilmente che non abbia nulla a che fare con la pallavolo: dopo tanti anni in questo ambiente penso di aver imparato tutto quello che una persona può imparare. É arrivato per me il tempo di imparare qualcosa di nuovo e diverso”.

L'articolo originale è pubblicato nel numero di aprile 2011 di pallavoliamo www.pallavoliamo.it

Commenti

Post popolari in questo blog

College Basketball Tour 2015

Cuore di mamma: Enrica Merlo

Ginnastica Artistica: la forza del singolo