Valdone Petrauskaite

Valdone Petrauskaite è una giocatrice dalle mille sfaccettature: se da un lato mostra una grinta degna di una tigre, dall’altra si dice insicura e sensibile; se in campo può sembrare persino aggressiva, fuori dai campi di gioco è una ragazza tranquilla e molto dolce: "se dovessi descrivermi, direi che sono un diavoletto buono. Quando gioco ho un carattere particolare! Non penso che questa mia grinta sia sempre positiva: a volte non posso starmene zitta in campo, devo sempre dire qualcosa, fare considerazioni, a volte anche con gli arbitri, e questo sincerante è un mio difetto. Mi dà fastidio quando vedo degli errori arbitrali, anche se sono comprensibili: ma quando c’è tanta adrenalina e ogni punto ha un peso, non sempre riesco a controllarmi. Poi mi dispiace e mi sento in colpa per qualche parola di troppo. In realtà, mi arrabbio moltissima con me stessa in campo e quindi spesso parlo più con me che con una persona in particolare”.

Un modo di reagire con il quale la giocatrice lituana cerca forse di nasconde il suo lato più fragile ed insicuro: “sono una ragazza molto sensibile, anche se magari in campo non si vede: l’unica cosa che mi manca è avere più fiducia in me stessa. Vorrei veramente imparare a coltivarla: non dico che non mi fido di me, ma mi manca sicurezza nelle mie capacità, anche quando si tratta di piccole cose”. Una dualità che si esprime pienamente nel suo essere fuori dal campo: “mi ritengo una persona molto tranquilla. In realtà non sono assolutamente come sono in campo: non mi arrabbio quasi mai e in me prevalgono la dolcezza e la simpatia. Anche io ho il mio carattere, ma penso di avere una sensibilità che mi permette di essere poche volte un diavolo, e molto di più un angioletto. Se faccio un errore nei confronti di altre persone, sono io la prima a chiedere scusa. Non ce la faccio a tenere il broncio o a litigare”. Un diavoletto in campo e un angelo fuori, potremmo dire.

Ma a vedere l’affiatamento tra Valdone e le sue compagne, possiamo affermare che la giocatrice lituana riesce bene a bilanciare i due lati del suo carattere. Merito forse anche della croce che il numero 7 di Urbino porta sempre al collo: “non sono praticante, però credo in Dio e sono cattolica. Quello che porto al collo è anche un vezzo perché è davvero molto bella; ma ho comprato una croce e non un cuore o una stella perché per me ha un significato”. Valdone sembra infatti aver trovato ad Urbino una certa stabilità, tanto da diventare in campo un punto di riferimento importante per le altre giocatrici della Chateau D’Ax. “Qui a Urbino siamo tutte molto legate: io sono molto amica con Chiara, ma anche con le altre ho instaurato un ottimo legame”. Ed è proprio l’asse Di Iulio - Petrauskaite che a detta di coach Salvagni ha saputo dare una solida ossatura alla formazione urbinate. Le vittorie che hanno portato la formazione allenata da coach Salvagni al quinto posto, portano infatti anche il segno di Valdone, che con i suoi 338 punti nella sola regular season ha spesso trascinato la propria squadra durante questa stagione. “Siamo una bella squadra perché siamo molto unite sia fuori che dentro il campo. Il nostro è un gruppo bellissimo: non litighiamo tra di noi e questa è stata una stagione molto tranquilla, senza pressione. Al di là delle vittorie ci siamo guadagnate questa serenità attraverso le nostre prestazioni in campo”. La passione di Valdone per la pallavolo, è un po’ una questione familiare.

Anche sua madre, infatti, era una giocatrice e ha trasmesso a sua figlia l’amore per questo gioco: “ho iniziato a nove anni perché la mia mamma era una giocatrice professionista. Ha disputato il campionato polacco e si può dire che quando sono nata ero già al palazzetto! Non ho conosciuto altri sport: per me c’era solo la pallavolo. Non ho quindi mai pensato a cosa avrei fatto se non avessi giocato a volley e sono convinta di aver fatto la scelta migliore. Il basket, che è molto famoso in Lituania, non mi piace giocarlo, anche se come tutti nel mio paese, mi appassiona guardarlo”. Le strade di madre e figlia si sono spesso incrociate sui capi da gioco, e Valdone ha, per un certo senso, subito un po’ la presenza del modello materno: “la prima squadra è stata la Heksa Kaunas, una società che per tanti anni è stata la più forte in Lituania. Anche mia madre ha giocato qui e quando lei ha smesso ho preso io il suo posto a 14 anni. Per lei è stata una cosa naturale che io giocassi a pallavolo, ma quando a 16 anni le ho detto che sarei andata in Francia, lei si è spaventata un po’; alla fine però, essendosi anche lei trovata nella mia stessa situazione, mi ha lasciato andare da sola e così ho giocato per tre anni vicino a Marsiglia, a Istres, e poi due anni a Riom. Ma mia madre non è stata per me un’allenatrice: al contrario, direi che lei era più una critica!” Le competenze tecniche, la giovane lituana le ha apprese infatti grazie ad un’allenatrice sua connazionale: “Lolita, è ancora la migliore allenatrice in Lituania, ed è lei alla quale devo tutto dal punto di vista tecnico”.

Dopo le cinque stagioni in terra francese, Valdone è stata chiamata a Vicenza, sotto le direttive di Manuela Benelli: “ Manu mi ha insegnato tanto dal punto di vista tecnico. Mi è piaciuta tanto come allenatrice! L’ esperienza a Vicenza inizialmente non è stata delle più semplici per me. Rispetto alla Francia il livello era più basso e quindi all’inizio è stato un po’ difficile adattarmi, ma, visto che avevo lavorato tanto e bene da Manuela, sono riuscita a rimanere in Italia e ad avere le mie chance. In realtà, per gli anni più difficili sono stati i primi anni in Francia, perché non parlavo francese e perché ero molto giovane. Poi, una volta abituatami a stare fuori casa, sono stata bene anche lì alla fine. Certo, il cibo mi piace di più in Italia, questo è abbastanza scontato! La Francia mi è piaciuta per come sono stata accolta dalla gente e per la città dove ho abitato: ho ancora tanti amici e ho mantenuto un bellissimo rapporto con il mio ex allenatore”. Dopo la parentesi vicentina, la schiacciatrice di Urbino è stata chiamata in Turchia, al Turk Telekom di Ankara: “ per me è stata un’esperienza un po’ particolare: la Turchia è un paese diverso, molto differente da quelli europei. Sono stati tutti molto gentili con me; non abbiamo avuto problemi in campo: per giocare è sempre un’esperienza positiva, ma non andrei a viverci”. Esaurita la stagione al Turk Telecom, Valdone è ritornata nel nostro paese con la maglia di Chieri, una stagione che ha lasciato dell’amaro in bocca alla giovane lituana: “mi dispiace tanto per come è andata l’anno scorso: mi sono trovata molto bene con la società e con tutti dirigenti. Chieri è una società molto tranquilla: vorrei tanto che tornassero in A1 perché se lo meritano. Non ho scelto di rimanere solo perché volevo continuare a giocare in A1”.

Ed è così, che nell’estate del 2009, il piccolo “angioletto” lituano è approdata nelle terre del Montefeltro alla corte di coach Salvagni: ed è stata subito magia. “ I motivi di questo successo? Non so se si tratta di una trasformazione; penso più a un processo di crescita che è avvenuto grazie al nostro allenatore e ai preparatori che sono stati fondamentali per questo successo. Siamo una bella squadra! Non c’è alcun dubbio!”. Valdone è cresciuta tantissimo in questa stagione, ma sin dalle prime partite le sue doti fisiche e tecniche sono state apprezzate da tutti. Ma, per giocare a questi livelli, è fondamentale non accontentarsi e voler sempre migliorarsi, cosa che il numero 7 della Chateau vorrebbe fare in tutti i fondamentali: “il mio punto di forza è l’elevazione. Se non saltassi così non sarei a questi livelli. Inoltre ho una grande esplosività nel salto che devo mantenere. Però devo migliorare anche su tante altre cose. Una fondamentale su cui sto lavorando molto, e sul quale devo ancora lavorare, è la ricezione. Ma ci do dentro anche con la difesa…lavoro un po’ su tutto insomma!”.

Un’etica che le è stata tramandata dalle tradizioni pallavolistiche della sua terra: “in Lituania non c’è il minivolley: si comincia subito a giocare la pallavolo vera e propria e questo forgia molto il tuo carattere”. Certo, questo non vuol dire che Valdone non si concedi un po’ di relax e qualche uscita, ma ciò non ha niente a che fare con le voci che circolavano sul suo conto nella stagione passata a Chieri: “ovvio che frequentavamo i locali milanesi ogni tanto! Ma non ci trovo nulla di strano: dopo la partita, anche noi abbiamo una vita privata e possiamo sfruttare il nostro tempo libero come meglio crediamo. Non uscirei mai il venerdì sera o il sabato prima di un match perché sono una perfezionista. Le uscite domenicali non c’entrano con i risultati sportivi! Basta saper gestire le cose!

Ma quest’anno qualcosa è cambiato nel nostro “diavoletto” e alle serate in discoteca, Valdone preferisce una tranquilla seratina in casa con le sue compagne di squadra: “ quest’anno esco poco. Non so il perché, ma devo dire che Urbino non offre tanti divertimenti. Come il resto della squadra, faccio una vita tranquilla. Mi piace cucinare, invitare le amiche a casa, uscire anche a cena con gli amici. Normalmente preferisco guardare un film a casa che al cinema; leggo in lituano; poco in italiano perchè è ancora troppo difficile. Invece quando cucino, mi do ai piatti del vostro paese: le ricette della mia terra sono difficilissime da preparare: credo che solo la mia nonna li sappia fare”. Ma tra la pallavolo e i fornelli, nel suo futuro l’atleta lituana preferirebbe rimanere nell’ambiente che l’ha vista crescere: “ Non nego che un giorno vorrei una famiglia mia, e spero di smettere di giocare non per un infortunio o per “stanchezza”, ma per la scelta di avere una famiglia. Ci penso spesso al mio futuro dopo la pallavolo, ma non riesco mai a trovare una risposta convincente. Mi piacerebbe avere una mia attività, ma non so che cosa, perché è più un sogno che un vero e proprio progetto: un ristorante, un resort o un luogo dove le persone si incontrano se poi ci fosse la possibilità di lavorare nell’ambiente pallavolistico mi piacerebbe anche questo, ma non vorrei diventare allenatrice. Mi vedrei più in un ruolo più dirigenziale. Per essere un preparatore fisico dovrei fare degli studi, e io non sarei capace di farlo. Un ruolo dirigenziale metterebbe più in gioco delle capacità personali e penso che mi si addica di più”.

Eh sì, perché di Valdone ce ne sono davvero poche in circolazione, e non solo per questo suo essere un “diavoletto buono”. Il suo nome infatti, è più unico che raro in Lituania: “il mio nome è lituano ma non è affatto comune: in tutta la mia vita ho conosciuto solo due persone che si chiamano come me”.

Articolo pubblicato sul numero di aprile 2010 di Pallavoliamo @ http://www.pallavoliamo.it/publishedpage.aspx?issueid=2f41ab76-02e3-401e-883f-ca33a4fca0f1&pageid=9d418b14-31b5-4d94-8e76-9935152d68ff

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