Mia Causevic

Talento e versatilità: queste le due caratteristiche che meglio descrivono Mia Causevic, giocatrice del Martesana di Cologno in B1. Il talento di questa giocatrice, infatti, non si limita al solo mondo della pallavolo, ma spazia dalla moda ai tanti interessi che questa giovane croata sembra avere. Basta digitare il suo nome su Google per rendersi conto di come la notorietà di questa atleta vada al di là dei campi di gioco. Il nome di Mia è infatti legato principalmente ad un fatto di cronaca di cui è stata protagonista nel 2007, quando un pirata della strada ha investito un ragazzo ed è ripartito senza prestare soccorso. Lei, senza pensarci due volte, si è lanciata al suo inseguimento: “pensandoci adesso, potevo morire io quella sera. Quel tipo andava sparato senza luci con la macchina nera. Ho visto la scena dell'investimento e mi sono fermata: lui è ripartito subito...l'ingiustizia certamente mi ha spinto ad inseguirlo. Non avevo paura, ero solo incazzata nera! La sua macchina era distrutta ed è stato semplice arrivargli dietro. Poi ho chiamato la polizia, digitando tutti i numeri che mi ricordavo. I riconoscimenti che ho avuto sono stati inaspettati perchè per me è stata una cosa normale. Lo rifarei mille volte”.

Un gesto eroico che dimostra di cosa sia capace questa ragazza che si dichiara “impulsiva, poco diplomatica,sanguigna ed istintiva…senza mezze misure insomma ”. Un atteggiamento che è emerso soprattutto nella sua storia d’amore con un altro pallavolista, Matej Cernic; una storia molto importante per Mia, ma che proprio per la sua intensità ha finito con il frenare le passioni e gli interessi della giovane atleta. “Non rinnego il passato. È stato un grande amore. Lui aveva otto anni più di me e questa differenza d’età si sentiva. Abbiamo avuto sfortuna di esserci conosciuti in un'età sbagliata: se ci fossimo incontrati fra tre anni per la prima volta, sarebbe potuta essere una storia per tutta la vita. Sarei stata felice di diventare moglie, madre, casalinga...ma non avrei inseguito le mie passioni come ora sto facendo. Quindi,
è stato giusto così per me. Ho davvero tantissime cose da fare e ci penso poco all'amore in generale. Esco poco perché voglio davvero percorrere la mia strada e adesso devo darci dentro! ”. Ed è infatti per amore di Cernic che Mia ha abbandonato, seppur per un breve periodo, la pallavolo: “quello era un periodo terribile perché il mio ex giocava in Grecia e ci vedevamo pochissimo. Ad un certo punto, quando lui è stato chiamato in Russia, io avevo deciso di smettere per dedicarmi alla vita di coppia...ma la scelta non è stata felice perché il nostro rapporto è finito e quindi il mio è stato semplicemente un anno di pausa dal volley. Un periodo davvero triste per me”.

La pallavolo è stata infatti sempre uno dei punti di riferimento della sua vita. Niente di cui stupirsi se si pensa che il padre di Mia è Nurko, fautore della promozione del Porto di Ravenna in A1 e dei due strepitosi anni in massima serie della squadra ravennate. “Sono una da figlia d'arte e sono praticamente nata in palestra. Io e mia madre abbiamo seguito il mio papà quando è venuto qui in Italia. Io andavo sempre a vedere le sue partite e gli allenamenti: ero circondata dalla pallavolo. Quando dopo sette-otto anni mio padre ha finito la sua carriera, siamo tornati in Croazia, ho iniziato a fare vari sport: nuoto, tennis, danza classica. Mia madre non voleva farmi iniziare troppo presto la pallavolo, anche se era contenta che io facessi sport: qualsiasi sport ma non la pallavolo perché ero troppo piccola secondo lei. Fino a 12 anni non mi hanno fatto giocare, ma quando ho iniziato è andata subito bene. Da mio padre ho ereditato il talento tecnico ma non il fisico resistente: sono molto soggetta ad infortuni”. Ma il talento da solo non basta per sfondare nel mondo della pallavolo.

A far diventare Mia una giocatrice completa e competitiva nel nostro campionato ci ha pensato la scuola croata: “dai 12 ai 14 anni ho fatto due anni intensissimi a Zagabria: in Croazia veniamo dalla scuola russa di pallavolo, il che significava tanto lavoro fisico, tanta tecnica e subito lavoro pesante. Ogni tanto partivano anche le sberle: i trattamenti erano quelli tipo “Mila e Shiro”. Si comincia più tardi, è vero, ma il minivolley non esiste e quindi, giocando subito con i palloni pesanti, in pochi anni si recupera tutto. Di conseguenza tecnicamente sei molto più avanti dei ragazzini italiani perché ti trattano subito da adulta! In Croazia e in Russia non c’ è un approccio giocoso al volley: qui in Italia gli allenatori dialogano con le giocatrici; gli allenatori russi, invece, impongono e danno direttive, almeno ai miei tempi”. Questa formazione ha permesso all’atleta croata di poter giungere fino alla massima serie a soli 15 anni. “Quando nel 2001-2002 sono tornata in Italia, i dirigenti di Ravenna, che conoscevano bene mio padre, hanno saputo che il nostro club a Zagabria aveva vinto il torneo nazionale U 14. Hanno così chiamato mio padre a fare il secondo allenatore in A1 e lui mi ha portato con sé. Il primo anno a Ravenna facevo l’ U 16, l’ U 18 e la serie D - che abbiamo vinto. Poi a 15 anni mi allenavo proprio con la serie A dove ho esordito lo stesso anno: è andata bene e ho avuto il mio spazio perché sostituivo una ragazza americana che si era infortunata”.

L’ascesa di Mia è stata però arrestata da numerosi infortuni e dall’amore: “Sono quindi arrivata ad Imola in A2, ma l'infortunio al ginocchio e l'amore mi hanno distolto dalla pallavolo . Sono stata ferma un anno e l'anno dopo pensando di essere pronta per la serie A sono andata a Padova in A2, ma io non riuscivo a recuperare e non ho trovato spazio. Poi ero sempre fidanzata e quindi anche sempre con la testa occupata, purtroppo. A metà anno sono andata ad Urbino in B1 e sono tornata in forma giocando anche se non sono più tornata come prima”.

Ma come mai una giocatrice così promettente non ha più avuto un posto in serie A? Semplicemente perché Mia è una persona dai mille interessi e dal “multiforme ingegno”: “La pallavolo era un mio sogno da quando avevo dodici anni: mi piace tanto e senza starei male. Giocherò fino a i 50 anni se il fisico me lo permetterà, ma tornare a giocare in serie A mi costringerebbe a rinunciare a troppe cose a cui tengo. In serie B invece mi piacerebbe davvero giocare e penso che ce la farei a conciliare tutte le cose”. E di cose e progetti ce ne sono davvero tanti nella testa di Mia: “mi piacerebbe concedermi dieci giorni con la macchina fotografica in mano e girare per l'Italia alla ricerca di paesaggi e di persone: il soggetto femminile mi affascina molto. La Reflezx me la dovrò comprare un giorno o l’altro. Inoltre, d'estate lavorando in discoteca mi concedo dieci giorni di vacanza in Croazia: lì sto al mare, pesco, faccio sub e cucino”. E non è tutto.

Mia è infatti iscritta all’ Accademia delle Belle Arti di Milano, dove studia moda. “La scelta di Cologno non è stata del tutto pallavolistica. Volevo infatti iscrivermi all’ Accademia e l'unica che si dedicasse alla moda era a Milano. Volevo quindi trovare una società che mi accogliesse con queste mie esigenze e Cologno è una società adatta per me. I ritmi degli allenamenti e gli obiettivi non sono altissimi: l'organizzazione è molto minimale ed essenziale. Qui le ragazze lavorano e giocano per passione, senza prendere la pallavolo come un lavoro o come la prima attività delle loro vite. Inoltre, mi trovo bene con le mie compagne che sono fantastiche. E ciò per me è molto importante perchè alla fine la società siamo noi”. Oltre alla pallavolo, infatti, il cuore della croata batte per la moda e per il disegno. E come per il volley, anche per il disegno, Mia sembra avere una disposizione naturale, un talento innato: “In disegno, sono sempre stata brava: alle elementari e alle medie tutti i miei lavori venivano esposti; solo che i miei genitori non vedevano l'arte come un lavoro. Spesso mi dicevano di tenermi i disegni per me e intanto di fare una scuola che mi permettesse di fare altro. Ma mi è rimasto questo pallino,e, crescendo, mi sono appassionata alla moda e agli accessori: sfogliavo riviste, guardavo programmi, le sfilate…con il tempo la passione è rimasta e ho cercato un modo per coltivarla. In fondo, mi sono detta, che avrei potuto giocare a pallavolo fino a 35 anni al massimo, e dopo? Cosa avrei fatto? Dovevo avere qualcosa in mano, e dato che avevo una passione così grande ho deciso di seguirla. Adesso sono a Milano e mi manca solo un anno e poi sicuramente farò qualche specializzazione”.

Ma una bellissima ragazza come Mia, ha mai sognato di indossare quegli abiti? “Da giovane ci avevo pensato! Però non l'ho mai fatto perchè non mi interessa: a noi che piace la moda, fare la modella non interessa. Fare moda ed essere modella sono due cose completamente diverse: fare moda è arte; la modella alla fine è un attaccapanni; la foto modella è già un'altra cosa, ma non vorrei essere costretta a essere bella sempre.” Un cuore diviso quindi tra la pallavolo e le matite, tra schemi di gioco ed immaginazione creativa. Un connubio non sempre facile e che richiede anche grandi sacrifici: “La mia giornata tipo? Sveglia alle sette e colazione a casa; alle otto meno un quarto esco per essere in università alle nove e rimando lì fino alle sei di sera; torno a Cologno alle sette un quarto per essere in subito in palestra alle otto. Torno a casa alle 11 e studio fino alle due del mattino, e poi...ricomincia la giornata”. Un ritmo che potrebbe sembrare massacrante, ma che la passione rende possibile. “È difficile riuscire a fare tutto, ma io non voglio ancora rinunciare alla pallavolo né tanto meno alla moda. Però, dalla scuola mi hanno già detto che i master e le offerte migliori nel nostro settore vengono dall’estero, e se mi dovessi trasferire non sarebbe facile trovare una squadra. Sarebbe bello che ritornasse la pallavolo femminile qui a Milano: è un peccato che in una città così grande ed importante non ci sia una squadra femminile. Potrei anche disegnare la divisa! La fantasia non mi manca”.

Fantasia, creatività e un cuore che batte forte per tante cose: uno spirito multiforme e pieno di inventiva quello di Mia, che dai campi di pallavolo, chissà un giorno potrebbe arrivare anche sulle passerelle mondiali.

Articolo originale pubblicato sul numero di Febbraio di Pallavoliamo @ http://www.pallavoliamo.it/publishedpage.aspx?issueid=325bdad3-0892-45d9-878b-6aed9e4e28d6&pageid=ba888053-a21a-42aa-b2a7-6aa48be5fbb4

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