Manuela Secolo

Dimenticate la persona schiva che sembra essere in campo. Manuela Secolo è in realtà un mix esplosivo di estrosità e fantasia, un’atleta che ama stare in mezzo alla gente e che sa affrontare la vita con la giusta grinta e positività: “fuori dal Taraflex cerco di essere sempre positiva e di avere sempre il sorriso, perché penso di essere fortunatissima: nella vita, le sfighe e i grossi problemi sono altri. Certo, ho fatto tanti sacrifici, ma ho avuto anche grandi soddisfazioni. Per questo fuori e dentro il campo cerco di passare il tempo con persone che mi fanno stare bene. Mi piace stare in mezzo alla gente, andare in discoteca e anche stare in casa a cucinare per gli amici”. Ed è proprio la cucina quello in cui Manuela si diletta più piacevolmente fuori dai campi da gioco. La sua specialità? Da buona trevigiana, il piatto forte della schiacciatrice di Villa Cortese è il risotto al radicchio rosso: “sto facendo conoscere alla gente di qui le tradizioni della mia terra. Per questo sono partita subito con il risotto al radicchio. L'ho fatto per Lindsay e dei ragazzi che giocano a basket qui e… per adesso sono sempre stati contenti. Mi piace cucinare i primi mentre per i secondi e soprattutto per la carne sono meno esperta. Inoltre, adoro il prosecco - che uso sempre come aperitivo - e il vino rosso: la mamma me lo manda da casa tramite corriere. Le persone che mi conoscono sanno che mi piace avere i prodotti della mia terra. Nel mio frigo, in ogni caso, cerco sempre di avere a disposizione vari prodotti, così posso inventare, ma adesso come adesso troverete tanto petto di pollo: il cibo del campione”.

E parlando di Manuela Secolo, la parola campionessa non è di certo un eufemismo: con la maglia di Bergamo e quella della nazionale, Manuela ha infatti vinto tutto. O quasi. “Di ricordi legati alla pallavolo ne ho davvero tanti e quelli più belli sono il primo scudetto, la seconda Coppa dei Campioni e il primo Europeo che è stato il mio primo grande successo con la nazionale. Sono tutti ricordi che mi hanno dato emozioni che non riesco neppure ad esprimere bene. Per la sconfitta olimpica invece posso solo dire che in quel periodo non abbiamo avuto la serenità necessaria: è stata un’estate difficile per molte cose, questione Tai compresa. In quella fatidica partita contro gli Stati Uniti abbiamo avuto un momento di black out totale, ed è andata come è andata”. Sconfitta arrivata anche a causa di un infinito turno al servizio da parte di Lindsay Berg, compagna di squadra di Manuela in questa stagione: “non riesco a volerle male per la serie di battute all'Olimpiade. Mi ricordo che durante una delle prime partite, Lindsay ha fatto un lungo break al servizio e ho avuto un flash back di quella gara e l'ho detto a Paola Cardullo...gli amici ci chiedono, io racconto e lei ride...ho superato un po' l'amarezza. Ho invece scoperto che Lindsay è una persona fantastica con cui ho legato tantissimo anche fuori. È una persona positiva che mi sta dando tanto e che riesce sempre a stupirmi: gli americani sono un pochino particolari e hanno una maniera d’approccio alquanto originale. Ma quando la conosci è una persona veramente fantastica: ha una filosofia di vita che ti aiuta, perché ha sempre tanta grinta ed è sempre con il sorriso. Mi piace anche dentro in campo, ma soprattutto fuori”.

Un’amicizia solida nata a Castellanza, che si aggiunge a quella con Jenny Barazza: “le mie amicizie nella pallavolo sono poche, almeno quelle vere. Ho girato tante squadre e sono stata bene con tutti. Ma i legami forti si stringono con poche persone...uno su tutti è quello con Jenny. Siamo cresciute insieme e ci siamo ritrovate a Bergamo solo dopo tanti anni. Lei è veramente un'amica”. Oltre ad avere ritrovato Jenny, a Bergamo Manuela ha passato quattro anni fantastici: “non ho mai più ritrovato un legame sia dentro che fuori come quello creato con il gruppo della Foppapedretti. Eravamo sempre pronte a lavorare e a farlo insieme e la fatica si superava grazie a questo atteggiamento. L'anno di Fenoglio è stato poi un anno davvero particolare e magico: Maja, Leo, Gruen, Paggi. Un gruppo davvero bello e “Feno” era l'atleta in più in campo perché sentiva la partita e la viveva con noi: è un po' il Vercesi di adesso e, anche se non si tuffava come fa Angelo, ha portato una mentalità diversa”. Fenoglio non è stato l’unico coach a forgiare l’animo e a raffinare la tecnica dell’atleta trevigiana: “tutti mi hanno dato qualcosa e io ho imparato un po' da tutti: è fondamentale avere allenatori che curano la tecnica e ti fanno crescere di carattere. Uno tra questi è stato Beppe Riannetti che ho avuto negli anni della crescita. Naturalmente, poi c’è stato Massimo Barbolini, un allenatore che ti dà molto dal punto di vista dell’umanità: ti rispetta come persona e come atleta e quindi la crescita avviene nella tua totalità”.

A contribuire alla formazione di questa campionessa è stata anche una stagione all’estero, all’Olympiacos Pireo, nel 2008-2009; una scelta che ha lasciato molti a bocca aperta soprattutto perché arrivata in un momento d’oro per l’atleta nel campionato italiano: “erano tanti anni che ricevevo proposte dall'estero, tipo dal Giappone e dalla Russia, ma non le avevo mai prese in considerazione perchè a Bergamo stavo crescendo, vincendo e facendo delle esperienze bellissime. Ma allo stesso tempo avevo voglia di provare quello che le straniere provano quando arrivano in Italia, perché secondo me è una responsabilità diversa: quando sei straniera tutti si aspettano di più da te. Dopo un anno difficile a Chieri, avevo inoltre bisogno di staccare e ho preso la palla al balzo: ho avuto questa opportunità in Grecia ed è stata un'esperienza bellissima. Non nascondo che il livello era molto più basso: tecnicamente non ho imparato tanto, ma mi sono messa a confronto con una realtà diversa dal punto di vista mentale. All'estero lo sport è vissuto in modo differente, con meno stress e senza dare alla sconfitta troppo peso. Ho capito che è uno sport e ci vuole un po' di leggerezza nell'affrontare le situazioni difficili. Qui sei fortissimo, ma basta che sbagli una partita e ti massacrano sui giornali. Umanamente poi mi sono messa a confronto con un'altra realtà, e sono stata fortunata perché ero in una città bellissima, circondata da persone meravigliose e davvero disponibili. In Grecia ho anche ritrovato Riikka, e ho conosciuto Ivan Milijković che è una persona fantastica. Inoltre i greci hanno una mentalità aperta e quindi sono stata molto bene”. Un ambiente pallavolistico, quello ellenico, molto vivace e capace di catturare tantissimi tifosi. Ed è proprio al tifo che è legato uno dei ricordi più vivi di Manuela nella sua stagione all’Olympiacos: “è stata una delle prime volte della vita che ho avuto paura di stare in campo! Il derby contro l’Olympiakos sembrava la terza guerra mondiale! Non avevo mai visto in un campo di pallavolo tanta violenza e cattiveria: a parte gli insulti verbali, si vedevano bottiglie, accendini… è stata anche quella un'adrenalina che ci ha portato a vincere in casa loro dopo 10 anni! Un’impresa storica. Siamo uscite scortate dopo un'ora e mezza...e nei derby maschili le rivalità sono anche di più sentite! In Grecia nella pallavolo ci sono delle esagerazioni quasi pazzesche”. Ma quella greca è stata solo una piccola parentesi nella folgorante carriera della giocatrice trevigiana.

Dopo l’Olympiacos, infatti, Manuela ha deciso di ritornare in Italia ed aggregarsi a Villa Cortese, la vera e propria rivelazione della stagione 2009-2010: “avevo mostrato il mio interessa a tornare, ma volevo farlo solamente se ci fosse stata la possibilità di tornare ad alto livello e con un progetto che mi proponesse degli obiettivi importanti. Volevo infatti rimettermi in gioco e vedere se riuscivo ancora a fare qualcosa di importante. Quando mi ha contattato Villa Cortese, prima di tutto mi ha fatto piacere che siano venuti di persona. A convincermi poi è stato soprattutto il loro entusiasmo perché ne hanno veramente tanto: la loro voglia di vincere era a dir poco contagiosa! C'erano già alcuni nomi e ho capito subito che si trattava di un progetto importantissimo. Quando poi Marcello Abbondanza mi ha spiegato le sue intenzioni e mi ha detto che mi voleva fortemente, non ci ho pensato nemmeno tanto e ho deciso per il sì. Anche se dopo Atene ho patito tantissimo il freddo! Lì non ho quasi mai messo il giaccone, qui, invece sempre!”. Così, con addosso la maglia blu di Villa Cortese e sulle spalle l’ormai leggendario numero 8, Manuela Secolo ha confezionato sino a questo momento 240 punti e non accenna a calare nel suo rendimento. Tant’ è che un pensierino alle prossime Olimpiadi è lecito farlo: “non mi metto mai limiti e cerco sempre di mettermi in gioco. Massimo mi conosce, lo sa che sono disponibile, ma sono anche consapevole che c'è bisogno di un cambio generazionale e di introdurre nuovi meccanismi. Per la Coppa del Mondo gli ho chiesto una pausa, ma sarà lui a decidere il mio percorso futuro. Penso comunque di dimostrare in campo di poterci essere, se mi chiamasse ne parleremo insieme. Certo che la terza Olimpiade sarebbe un altro piccolo sogno da raggiungere!”. E chi sarebbe allora una sua possibile erede? “Le giovani “pesanti” ci sono. Caterina Bosetti, per esempio ha delle caratteristiche che servono alla pallavolo e sono quelle dei fondamentali di seconda linea, come per esempio tenere la ricezione. Lei può sicuramente crescere, come anche sua sorella, Lucia che, pur non avendo grande altezza, ha grande presenza in campo. A “ Barcio” penso che le serva stare in campo perché secondo me è la cosa migliore per maturare: il campo ti fa crescere perché nei momenti difficili devi venirne fuori da sola, e a parte l'allenamento e le cure tecniche che un allenatore ti può dare, stare in campo è fondamentale. Infine, Serena Ortolani sia uno degli opposti italiani più promettenti. Lei ha tutte le caratteristiche per ricoprire questo ruolo: ha il braccio pensante e non pensa molto. Serena gioca d’istinto e l’opposto è un ruolo che le permette di giocare in questa maniera. Inoltre adesso è cresciuta anche tecnicamente. Con l'esperienza, e avendo sempre davanti dei grossi esempi, se trova la serenità e continuità penso sia in prospettiva il futuro della nazionale italiana in quel ruolo”.

È la stessa Manuela a suggerire come le colonne portanti della nazionale, oramai trentenni, debbano lasciare il posto alle giovani. Ma come vede allora il suo futuro questa giocatrice? “Spero e vorrei giocare fino a quando starò bene, fino a quando riuscirò cioè a dare qualcosa di importante in campo, non solo come giocatrice ma anche come presenza, come grinta ed energia. Non voglio arrivare ad un punto nel quale dico “oddio non riesco più a piegarmi”. Vorrei quindi riuscire a mantenermi fisicamente, e di riuscire a giocare ad alto livello. Gli anni potranno essere due o tre, ma voglio sentirmi bene dentro il campo...il dopo, è difficile per tutti. Non ne ho idea, nel senso che arrivare a 35 anni e non aver mai lavorato… non è poi facile iniziare qualcosa. Il contatto con la gente mi piace: non sono una da ufficio anche perché sono abbastanza fantasiosa ed estrosa, nel bene o nel male. Magari aprirò qualcosa da qualche parte come un bel negozio di pallavolo”.

In questo futuro un po’ incerto, un faro sicuro nella vita di Manuela è il legame con la sua terra. Dopo quasi venti anni in giro per l’Italia e per il mondo, Treviso e la sua casa rimangono i punti saldi per questa campionessa. Anche se altre città hanno un posto speciale nei suoi ricordi: “io personalmente ho lasciato un pezzo di cuore a Bergamo, perché è stata la mia svolta come atleta e perché ho trovato tante persone con le quali ancora ho dei legami forti, sia tra le giocatrici che tra gli allenatori. Ogni volta che le devo affrontare in partita per me è un’emozione molto forte. Un'altra città che mi ha dato tanto è stata poi Pesaro, dove ho giocato una stagione importante: abbiamo fatto la promozione in A1 ed è qui che è nata poi la possibilità di arrivare a Bergamo. Ho vissuto dei momenti bellissimi e, come a Bergamo, ho trovato anche tante amicizie al di fuori della pallavolo. Poi il sole, il mare… prima di Bergamo ero sempre stata in Romagna, e sposo veramente molto quel modo di vita. Treviso è comunque la mia città e mi piace tantissimo. Quando ho bisogno di rifugiarmi da qualche parte per staccare la testa ritorno nella mia città. È un po’ come andare in vacanza, anche solo per un giorno. Qui ci sono la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella… torno lì e sono a casa. Poi dove mi porterà il cuore non lo so. Treviso è comunque una delle candidate!”.

Parlando di cuore una domanda sorge spontanea: che spazio occupa l’amore nella vita di Manuela? “Penso e spero che arrivi. Sicuramente come donna avere un'altra persona al fianco è importante, ti completa, e in prospettiva, la voglia di crearsi una famiglia c'è. Tuttavia è difficile trovare qualcuno perché questo lavoro non ti permette spesso di conciliare le due cose, e magari di conoscere nuove persone… anche chi ti conosce poi, non sta dietro ai nostri ritmi. La mamma è disperata: “hai 33 anni!”….dice… però, sono sicura, l’amore prima o poi arriverà!”.

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